Quante volte si resta incollati davanti alla tv ad assistere a maratone storiche alle quali tutti, professionisti o dilettanti, sognano un giorno di partecipare?
A tutti è capitato di subire il fascino di questa attività che affonda le radici in una storia talmente antica che spesso di mescola con leggende intramontabili. Sono tantissime le maratone famose nel mondo, da quella di New York a quella di Boston, risalente al 1897, fino alla Maratona di Atene che rievoca la leggendaria corsa di Filippide avvenuta nel 490 a.C.,
dando così inizio al mito della Maratona.
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Eppure sulle origini di questa disciplina, protagonista assoluto delle Olimpiadi, sono alquanto discusse e nella storia si sono susseguite molte teorie: ancora oggi non vi è certezza sulla nascita della Maratona, ma proprio questo non fa altro che contribuire al fascino di questa gara.
La storia di Filippide: maratona e tempi
La storia che tutti gli appassionati delle corse conoscono riguarda un certo Filippide, vissuto intorno al 500 e considerato unanimemente il primo maratoneta di tutti i tempi.
Si narra che dopo aver combattuto strenuamente la storica Battaglia di Maratona, con tanto di armatura pesante e intarsiata, abbia intrapreso una corsa dalla piana, teatro della battaglia, ad Atene per annunciare la vittoria riportata. Dopo aver percorso una distanza pari a circa 42 km in pochissime ore, Filippide ebbe il fiato solo per pronunciare poche essenziali parole, perché la fatica lo fece cascare per terra, morto per la fatica.
Questa teoria circa la nascita della Maratona è la più inflazionata ma, se si considerano le principali fonti di informazioni riguardanti questo evento, i dubbi aumentano: Luciano, Plutarco ed Erodoto infatti narrano gli eventi ciascuno a suo modo, per essendo versioni in un certo modo concilianti.
Ad esempio ne “La gloria degli ateniesi” Plutarco, che però ha vissuto molto tempo dopo la Battaglia di Maratona ovvero nel I d.C., racconta che effettivamente in quell’occasione c’è stato un messaggero che ha riferito della vittoria degli ateniesi sui persiani. Non si trattava però di un emerodromo, cioè un vero e proprio corridore col compito di recapitare velocemente messaggi, ma di un soldato. Il guerriero, armato di tutto punto, pronunciò la frase “Salve!Siamo felici” per poi morire per la fatica. Questo emerodromo però, secondo Plutarco, si chiamava Tersippo e non Filippide.
Anche Luciano di Samosata riferisce una storia molto simile a quella di Plutarco: analizzando nell’opera “Per lo sbaglio del saluto” le corrette forme del salutare, Luciano ricorda che quella greca (“Salve” o probabilmente “Siate Lieti”) sia stata pronunciata la prima volta da una certo Filippide, un emerodromo di professione che corre ad annunciare il trionfo agli ateniesi, morendo poi dopo l’impresa.
La prima maratona della storia
Si deve quindi al coraggio e all’impresa di Filippide, sia che sia stato un guerriero ancora caldo di battaglia oppure un emerodromo, la nascita di quella che rappresenta la prima maratona della storia. La sua prima versione, istituita proprio per ricordare Filippide e la Battaglia di Maratona, risale al 22 marzo del 1896 e si svolse ovviamente ad Atene: la distanza percorsa in quel momento era di circa 40 km, ovvero la distanza tra lo stadio di Panathinaiko e il famoso ponte di Maratona: non era però una vera e propria gara, quanto piuttosto una sorta di prova generale, aperta solo ad atleti greci, con lo scopo di definire meglio le distanze. A vincere fu un certo Spyridon Louis che coprì la distanza di 40 km in non più di 3 ore.
La stessa distanza fu mantenuta durante la Maratona olimpica di Parigi del 1900 e quella di St. Louis di quattro anni dopo. In occasione della Maratona delle Olimpiadi londinesi del 1908 il percorso si allungò inizialmente a 41,84 km, ovvero la distanza tra il Castello di Windsor e lo stadio olimpico. Ci si rese però conto che il punto di arrivo di questa corsa olimpica non si fermava proprio davanti al palco reale e allora, per adeguarsi a questa necessità, la distanza divenne di 42,195 km, che è quella ufficializzata poi dalla IAAF.
Filippide corre per invocare l’aiuto degli spartani?
C’è poi un’altra storia che mette in dubbio l’identità di Filippide e legata in maniera più stretta alla Battaglia di Maratona del 490 a.C.. Questo epico scontro si inquadra nell’ambito della Prima Guerra Persiana che vide la contrapposizione tra Dario I (padre del famoso Serse che alle Termopili affronterà dieci anni più tardi lo spartano Leonida), che voleva espandere il suo impero e Atene, pronta a difendere strenuamente la sua indipendenza.
I greci in quel momento non avevano abbastanza navi per contrastare il nemico e potevano contare solo su circa 10.000 opliti, mentre i persiani invece misero in campo ben 500 navi, che trasportavano un totale di quasi 60.000 uomini.
Erodoto, che visse appena cinquant’anni dopo la Battaglia di Maratona, nelle sue “Storie” narra che Atene, nonostante gli eterni dissidi, decise di chiedere aiuto a Sparta: inviò quindi un emerodromo di nome Fidippide (o forse Filippide) con lo scopo di chiedere altri soldati per sconfiggere la minaccia persiana e difendere la civiltà. Gli spartani accettarono ma avrebbero inviato i loro contingenti solo dopo 6 giorni, perché in quel momento la luna era crescente e non era propizia per le buone sorti del conflitto.
Filippide, dopo aver percorso 240 km, si riposò qualche ora e ripartì alla volta di Atene, ripercorrendo altri 240 km, correndo ancora in maniera forsennata: in pratica corse senza mai fermarsi, coprendo in appena due giorni, poco più di 11 volte la distanza ufficiale della Maratona.
Non è quindi certo il Filippide al quale si attribuisce l’origine della Maratona, ma non si può certo negare l’importanza del suo gesto, che permise al capitano ateniese Milziade di preparare la strategia migliore per prendere alla sprovvista i persiani, decidendo così le sorti della leggendaria Battaglia di Maratona.
Erodoto racconta anche che Filippide, durante il suo viaggio, incontrò il dio Pan, il quale lamentò di sentirsi dimenticato dagli ateniesi: per questo questi decisero di costruire un tempio e di istituire una corsa, con tanto di fiaccole, in onore della divinità delle selve.